Le gare di Apollo


Sappiamo che il dio Pan suonava la siringa pastorale, da lui inventata, una specie di zufolo con sette canne; un giorno volle sfidare Apollo che suonava divinamente la lira, ma si trattava di una gara amichevole, Pan sapeva bene di non poter competere con il suono della lira del dio della musica. Come arbitro della gara scelsero il re Mida. Questo re Mida, era figlio di Gordio, re della Frigia, era molto ricco ma come molti ricchi, avido di ricchezze. Si racconta che, una volta, avendo trattato bene i compagni di Dioniso, il dio volle fargli un regalo lasciandolo scegliere. Mida chiese che tutto quello che toccava diventasse oro; fu accontentato ma il dono alla fine divenne una punizione in quanto anche tutto ciò che portava alla bocca, come cibo e vino si trasformava in oro. Il re pregò Dioniso di riprendersi il suo dono, il dio gli consigliò di fare un bagno nel fiume Pàttolo, il re seguì il consiglio e fu salvo; da quel giorno le acque del fiume trasportano pagliuzze d'oro. Ma torniamo alla gara tra Pan e Apollo; il re Mida ignorante in musica scelse come vincitore Pan e allora Apollo lo punì trasformando le sue orecchie in orecchie d'asino. Il re tentò di coprire le orrende orecchie sotto un cappello ma il suo barbiere le vide per tagliargli i capelli e Mida gli fece promettere di tacere pena la morte. Questo segreto pesava troppo al barbiere che per liberarsene un giorno scavò una buca in terra e confidò al buco il terribile segreto:"Il re Mida ha le orecchie d'asino". Poi ricoprì il buco con la terra sulla quale crebbero delle canne e quando il vento le muoveva, queste ripetevano le parole che il barbiere aveva confidato alla terra, così tutti seppero delle orecchie del re Mida.
La dea Pallade Atena, aveva inventato il flauto, ma un giorno rendendosi conto che suonandolo il suo viso diventava buffo e altre dee presero a deriderla, lo gettò nel bosco. Nei boschi abitavano i Satiri, divinità della natura metà caproni e metà uomini, che stavano al seguito del dio Dioniso; tra questi c'era Marsia che un giorno vide il flauto e lo raccolse: non era un flauto normale, in quando di una dea produceva un bellissimo e armonioso suono. Marsia, credendosi inarrivabile, sfidò la cetra di Apollo. Chi avrebbe perso sarebbe stato alla mercè del vincitore; arbitro della gara furono le Muse le quali si pronunciarono a favore di Apollo. Il dio della musica per punire la presunzione del satiro, lo appese a un ramo e lo scorticò vivo.

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