Hera, che i romani chiamarono Giunone, era la regina degli dèi, in quanto moglie di Zeus; figlia di Cronos e di Rhea e come tutti gli altri figli, meno che Zeus, era stata inghiottita dal padre. Fu allevata dalla nutrice, ninfa Macris, nell'isola di Eubea, nella casa della nereide Teti(Thètis). Il matrimonio con Zeus poteva dirsi felice anche se spesso scoppiavano liti furiosi a causa della forte gelosia di Hera, gelosia fondata, aggiungerei. Uno dei litigi scoppiò poco dopo le nozze, ed Hera, fortemente irritata lasciò l'Olimpo e fuggì nell'isola di Eubea a farsi consolare dalla nutrice Macris. Zeus, nel frattempo, non riusciva a darsi pace per la sfuriata della sua sposa e non potendo vivere senza di lei, escogitò uno stratagemma. Scese sui monti di Eubea e fece spargere la voce di un suo prossimo matrimonio con una bella ninfa del paese. Fece fare una donna di legno, la rivestì di abiti sontuosi, la mise su un carro e diede ordine a chi lo guidava di andare percorrendo tutte le strade dell'isola, rispondendo a chi lo interrogasse che egli portava la nuova sposa a Zeus.
Alla notizia, Hera andò incontro al carro e quando si precipitò sulla rivale, le strappò le vesti e si accorse che si trattava di un fantoccio. L'intelligente dea capì la lezione del marito, sorrise e tornò all'Olimpo accanto a lui. Hera veniva raffigurata nel fiore della sua beltà matronale, col viso incorniciato da folti capelli, con lo splendore di occhi grandi, il cui sguardo era dolce e ispirava venerazione. Per lo più veniva ritratta assisa sul trono: con una mano reggeva una melagrana, simbolo del matrimonio e della fecondità, essendo la dea protettrice dei matrimoni e dei parti; con l'altra mano teneva lo scettro sormontato da un cuculo, l'uccello di primavera, in ricordo della forma sotto la quale le si era presentato Zeus quando aveva chiesto la sua mano di sposa. Hera veniva adorata con particolare solennità ad Argo e Samo. Le erano consacrati, oltre al cuculo, la cornacchia e il pavone.
immagine1:Giunone(Raffaello Sanzio)
immagine2:Giove e Giunone(Annibale Carracci)
Alla notizia, Hera andò incontro al carro e quando si precipitò sulla rivale, le strappò le vesti e si accorse che si trattava di un fantoccio. L'intelligente dea capì la lezione del marito, sorrise e tornò all'Olimpo accanto a lui. Hera veniva raffigurata nel fiore della sua beltà matronale, col viso incorniciato da folti capelli, con lo splendore di occhi grandi, il cui sguardo era dolce e ispirava venerazione. Per lo più veniva ritratta assisa sul trono: con una mano reggeva una melagrana, simbolo del matrimonio e della fecondità, essendo la dea protettrice dei matrimoni e dei parti; con l'altra mano teneva lo scettro sormontato da un cuculo, l'uccello di primavera, in ricordo della forma sotto la quale le si era presentato Zeus quando aveva chiesto la sua mano di sposa. Hera veniva adorata con particolare solennità ad Argo e Samo. Le erano consacrati, oltre al cuculo, la cornacchia e il pavone.
immagine1:Giunone(Raffaello Sanzio)
immagine2:Giove e Giunone(Annibale Carracci)
2 commenti:
Riporto delle annotazioni storiche sul mio paese Monterotondo (Roma) le quali mostrano la continuità storico-culturale fra Hera Ereto e Monterotondo. Grazie per il Blog sulla Mito logia greca: c'è un detto inglese che dice 'i greci avevano un detto per questo': ovvero i greci avevano già contemplato le varie situazioni e problematiche vigenti nel mondo.
Dai ritrovamenti (Statue, colonne, capitelli, vasi cultuali, frammenti) effettuati in località Sant'Anzino si sostiene che lì sorgesse il Tempio di Hiris/Hera, presso Hereto.
L'appellativo Hera 'Signora' fa ritenere il suo culto pre-olimpico. Già Erodoto (V° sec. a. C.) affermava che Era fosse molto più antica degli dèi olimpici e che il suo culto derivasse dai Pelasgi.
Il 'Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni ...' di Gaetano Moroni, 1856 - pag. 48, così ne tratta:
“L'origine di Monte Rotondo il Piazza la fa derivare dall'antica e celebre città sabina d' Ereto o Hereto, edificata o da' greci o da' siculi o dagli aborigeni, prima che Enea venisse in Italia; dicendo Solino che fu chiamato Ereto dal vocabolo Hiris che in greco significa Giunone, perchè quivi avea tempio ed era venerata, forse nel luogo ove sono gli avanzi della chiesa di s. Antimo. Che poi il vocabolo dal greco tradotto in latino fu detto Teretum e in volgare Rotondo, come vuole Cluverio, col quale si chiama coll’aggiunta di Monte su cui elevasi, ritenuto l'originario d'Ereto.
Da esso sono famosi nelle storie romane Giunone Eretina, le fredde acque e il fiume dell'agro Eretino, le pentole e i vasi di terra cotta eretini, e chiamati Fig,nas Eretinas e celebri, la villa di Valerio vicino ad Ereto, l'edile d' Ereto ci faceva spezzare i vasi imperfetti per coi servar loro il credito che godevano, l'aiuto ricevuto da Ereto quando Turno de' rutuli difese il regno, che feci colon de' latini e poi de' sabini, e che l'eserciti di Nauzio console romano e de' sabini portò vicino ad Ereto. Essere il suo territorio in vicinanza di quello di Nomenti e che vi ebbero le ville Seneca, Q. Ovidio e Marziale. Nondimeno ritenere probabile che l'antico Ereto fosse qualche in miglio lungi dal sito di Monte Rotondo, ovvero col suo nome ne abbracciasse i dintorni, pe' vestigi del tempio di Giunon lontano circa un miglio. Sperandio dice che Ereto così venisse chiamato dall'aggettivo Teretum che tondo o rotondo vuol dire, e col quali si distingue ancora il monte e castello in «alzato e riempito cogli avanzi ili quelli città e colonia de' latini e poi de' sabini molti secoli prima che la greca favella penetrasse in Italia…”.
mi piace la descrizione è forte mi è servita tanto per la ricerca che ho fatto sugli dei!
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