Le fatiche di Ercole: gli uccelli stinfalidi e il toro di Creta


In mezzo a una selva intricata e melmosa c'era uno stagno chiamato Stinfalo, li accanto vivevano certi uccelli mostruosi che si nutrivano di carne umana. Questi uccelli erano figli del crudele dio Ares, avevano il becco, gli artigli e le ali di bronzo, e usavano le penne come frecce per uccidere le loro vittime. Nessuno aveva mai avuto il coraggio di cacciarli, solo Ercole nella sua quinta fatica comandatagli da Euristeo, osò farlo. Per stanare gli uccelli dai loro nidi nascosti, l'eroe si mise a scuotere con forza un cimbalo che aveva portato con sé. A quello strepito gli uccellacci si spaventarono e uscirono dai rifugi, dando così modo ad Ercole, che era abilissimo tiratore con l'arco, di colpirli con le sue frecce avvelenate e di ucciderli tutti, uno a uno. La triste terra divenne allora abitabile e Euristeo fu anche questa volta obbedito.

Intanto nell'isola di Creta erano avvenuti dei fatti gravi. Minosse, il famoso re dell'isola, dovendo fare, per un suo voto, un sacrificio a Poseidone, aveva pregato il dio di fare uscire dal mare l'animale per un sacrificio degno di lui. Poseidone lo esaudì e fece venire fuori, dalle onde sulla spiaggia, un magnifico toro nero tanto bello che a Minosse parve un peccato ucciderlo: infatti tenne il toro per sé e sacrificò al suo posto un altro toro, più magro e gracile. Tale fatto offese Poseidone che per punire Minosse, infuse nel toro una furiosa pazzia tale da farlo diventare un flagello per l'intera isola. Euristeo, venuto a sapere dei fatti, ordinò a Ercole di portargli il toro nero vivo. Ercole partì, attraversò l'Egeo e sbarcò a Creta; si mise in agguato lungo una strada nell'attesa che il toro passasse, quando l'animale comparve Ercole lo affrontò, lo prese per le corna, l'obbligò ad inginocchiarsi e poi se lo caricò sulle spalle, attraversando il mare a nuoto, con quel grosso peso, andò a deporlo ai piedi di Euristeo.

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